RUBRICA, Lettere al Direttore: donate gli organi!

RUBRICA, Lettere al Direttore: donate gli organi!

Gentile Direttore Matteo Salvatti,

le scrivo per portare alla sua attenzione e a quella dei lettori de “IL PUNTO” una tematica che mi sta particolarmente a cuore perché mi riguarda davvero da vicino. Ho, infatti, perso molto recentemente un familiare a causa della mancanza di donatori di organi. Prima di tutto faccio un appello a tutti: donate gli organi, fate questa scelta a favore della vita. Fatela oggi, non aspettate chissà quanto. Aderite anche voi. Io non sapevo nulla di queste cose, poi un giorno, quando ho vissuto sulla mia pelle cosa significa veder morire un tuo caro nella pia illusione che arrivi quel benedetto/maledetto organo, che invece non arri­va, allora sì che si capisce il valore di questo gesto. In fondo, doniamo qualcosa quando proprio non ci serve più, quando non sappiamo proprio cosa farcene mentre, al con­trario, potrebbe ridare vita a diverse persone. È proprio così: un gesto che a noi non toglie assolutamente nulla, mentre per qualcuno è tutto. Dicono “il corpo è mio”. Ma che significa! Bisogna parlarne e far riflettere le persone. Poi, sono sicura, le cose potranno cambiare. Personal­mente ora ho sempre nel portafogli la tessera che autorizza all’espianto degli organi. Fatelo anche voi! Pensate al bene che potreste fare e diffondente que­sto concetto: pensate che un domani potreste esserne voi ad averne bisogno, o qualche vostro caro.

So quanto il Suo giornale si spende per dar voce alle associazioni. La prego, dia voce anche a me, ne ho davvero bisogno. So che comprenderà perché preferisco rimanere anonima.

 

Appena la lettera è giunta in redazione, non riuscivo a staccare gli occhi dai fogli (una grafia curatissima, elegante, colma di intenso trasporto) e a stento trattenevo la commozione. Chi mi era vicino temeva fosse un attacco feroce al giornale. “Peggio, molto peggio” ho risposto. Natural­mente non perché gradisca le critiche, ma perché, se a sbagliare sono io, posso tentare di porre rimedio. In questo caso, invece, più che pubblicare la lettera e associarmi al grido profondo della signora, non posso fare.

Dalle sue parole si evince uno sfogo che fa pensare ad una comprensibile rabbia verso il mondo. Provo a immedesimarmi nella lettrice e mi chiedo: fosse successo a me?