Non è un paese per vecchi

Non è un paese per vecchi

Dopo poco più di un mese dalla nascita, nel 2010, alla coppia di Mirabello, Gabriella e Luigi, viene tolta dal Tribunale di Torino la figlia neonata. Tra le varie motivazioni spicca quella alla quale si è attaccata di più l’opinione pubblica, o almeno quella da social, e cioè che entrambi fossero in età avanzata. Per completezza di informazione va detto che Gabriella Carsano, madre della piccola nata per mezzo dalla fecondazione eterologa, ha partorito sua figlia all’età di 57 anni (ora ne ha 64) mentre il padre del 2010 aveva 69 e ora ne ha 77. Nel 2010 quando la piccola aveva 33 giorni, il padre riceve una denuncia per aver abbandonato temporaneamente sua figlia in auto fuori dal un supermercato e da qui si è innescato un iter giudiziario piuttosto complesso e delicato.

La stampa, fin da subito, stampa ha cominciato a riferirsi a loro come “genitori-nonni”. Il trucco è sempre quello di fare informazione a metà, quando va bene, quando va male molto molto meno. Perché, sin dalle prime informazioni risalenti al 2011, è sempre stato messo in chiaro che l’età era uno dei fattori presi in considerazione, ma non il fattore determinante. L’età entrava in gioco soprattutto in funzione di altri aspetti presi in esame in sede di dibattito e nei vari gradi di giudizio dove la caratteristica anagrafica dei due veniva vista più come un’aggravante che a una motivazione. Ma quando la giustizia interviene deve tener conto di tutti gli aspetti e nei confronti dei due coniugi pare ce ne siano molti. Tanto per cominciare la coppia era già stata ritenuta non idonea all’adozione per ben due volte, e secondo i giudici la ricerca disperata della gravidanza in età avanzata delineava “una visione egoistica della genitorialità che non tiene conto dell’interesse del bambino a non avere genitori troppo anziani”. I consulenti nominati dal giudice hanno manifestato molte perplessità sul loro modo di rapportarsi con la figlia, la coppia di genitori di Mirabello Monferrato è stata definita incapace “di comprendere quali siano i bisogni emotivo affettivi e pratici” della bimba, e il padre, in particolare, “totalmente dipendente” dai desideri della moglie “chiusa in un processo narcisistico”.

Ora, senza volersi improvvisare psicologi o assistenti sociali, emerge chiaramente dalle poche stringate frasi estrapolate dall’ultima sentenza definitiva che la situazione e ben diverse e complessa rispetto alla versione semplificata raccontata sui giornali.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’assoluzione del padre accusato di reato di abbandono di minore e subito i giornali hanno riportato la notizia spiegandoci che l’accusa era infondata. Niente di più falso. Il fatto che i giudici abbiano ritenuto che non vi fossero elementi per configurare il reato per condannare il padre, non significa che il fatto non sia avvenuto. E nell’altro processo, dove si doveva stabilire il livello di idoneità genitoriale, quel comportamento ha contribuito al giudizio finale.

In conclusione, non c’è nessuna legge che imponga un limite di età per i genitori, per comprendere questa vicenda avremmo avuto bisogno di molti elementi in più. L’opinione pubblica, invece, ha preferito lasciarsi andare all’indignazione.

di Alessandro Zanetti